domenica 30 marzo 2014

“I MIEI FILM” di Arianna Niero “Miss Violence” – Alexandros Avranas



Una ragazzina, il giorno del suo tredicesimo compleanno, si uccide gettandosi dalla finestra. E questo è solo l’inizio. L’incipit brutale apre le porte a un mondo di orrori senza fine. Una famiglia all'apparenza normale vive sotto la tirannia di un padre padrone che, all'esterno buono e rassicurante, fa subire a figlie, moglie e nipoti violenze ogni genere.
La tensione serpeggia e incombe con grande abilità per tutto il film, fino a esplodere: dichiarando e non più suggerendo.
La regia e la fotografia, con perfetto equilibrio, raccontano dettagli, che fanno prima solo intuire, e poi conoscere senza filtro alcuno, la bestia sanguinaria e senza scrupoli nascosta potenzialmente in ogni essere umano.
La fine, la morte dell’aguzzino, è desiderata e accolta con sollievo da tutti.
Anche da chi, è stato solo un semplice spettatore …

martedì 25 marzo 2014

StorieReali presenta: INTERVISTA A ELENA DONDINA


                                           “Rompete le righe”


Elena Dondina


L’Italia non è un paese per bambini. Milano non rappresenta un’eccezione e vive da tempo in una profonda crisi sociale, etica e culturale: le Istituzioni sono assenti, gli oratori deserti e le famiglie tendono a delegare alle scuole ma, sia quelle private che pubbliche, risultano spesso carenti dal punto di vista umano ed intellettuale. Il bambino è sempre più spesso abbandonato al computer e affidato alla televisione, nella migliore delle ipotesi, sballottato da un corso a un altro, con l’idea che sia sufficiente fare dello sport, per garantire loro una crescita serena ed equilibrata. Da gennaio di quest’anno, però, qualcosa è cambiato: è nato MUBA, il Museo dei Bambini, trovando la sua sede naturale all’interno dello storico edificio della Rotonda della Besana.
Elena Dondina e' il presidente di fondazione MUBA che, dopo aver ottenuto l’appalto dal Comune di Milano, a seguito di regolare bando, ha immaginato e cambiato questo spazio, senza stravolgerne l’identità storica ed architettonica, per creare il primo centro su misura di bambino, dove gioco e cultura si esaltano e si integrano reciprocamente, in un continuo e vitale scambio ininterrotto.

domenica 23 marzo 2014

"I MIEI FILM" di Arianna Niero “Zoran, il mio nipote scemo” - Matteo Oleotto













In un minuscolo paesino dell’Italia settentrionale, al confine con la Slovenia, Giuseppe Battiston, in ottima forma, interpreta un vero bastardo fallito senza cuore bugiardo e alcolizzato, anzi alcolista, come ci tiene a precisare Paolo Bressan, il personaggio da lui interpretato.

L’unico sguardo umano, oltre metà del film, lo dedica a Stefania, l’ex moglie, ora sposata con Alfio, uomo per bene, forse un po’ noioso, a capo di una cooperativa che si occupa di trovare lavoro a disadattati vari.

Un giorno Paolo è informato della morte di sua zia Anja, che abitava in Slovenia.

Lui si precipita sperando in un’eredità, invece si ritrova a occuparsi di un nipote sedicenne un po’ strano ma alla fine pieno di personalità.

Una commedia molto divertente e, in modo delizioso, politicamente scorretta.

Come sempre l’amore trova il modo di fare miracoli, anche se, a volte, ci mette un po’ di più…




"I MIEI FILM" di Arianna Niero "Cesare deve morire" - Paolo e Vittorio Taviani



Un film documentario con immagini di una tale forza poetica e di una tale bellezza, da lasciare senza fiato. Concedendomi un’iperbole, posso dire di essermi commossa già ai titoli di testa. All’interno del carcere di Rebibbia viene messo in scena il Giulio Cesare di William Shakespeare. La macchina da presa segue le prove e la vita di un gruppo di carcerati. Gli uomini possono così comprendere fino in fondo, e sulla propria pelle, che i sentimenti e le emozioni che regolano la nostra vita, passione, odio, rabbia, paura, sono da sempre sono gli stessi, memoria cellulare di ogni essere umano.
La sintesi perfetta e memorabile, che racchiude il bisogno profondo dell’uomo di trascendere se stesso, è la frase di uno dei protagonisti (fine pena: mai) quando, al termine della rappresentazione, torna in cella e i secondini chiudono alle sue spalle una pesante porta di ferro:

“Adesso che ho conosciuto l’arte, questa cella mi sembra una prigione”.

sabato 8 marzo 2014

"I MIEI FILM" di Arianna Niero "Nebraska" - Alexander Payne





Un uomo molto anziano, pieno di acciacchi e alcoolizzato, riceve una lettera promozionale che gli comunica la vincita di un milione di dollari.
Naturalmente è un’esca per vendere un qualche prodotto.
Lui però ci crede e, a tutti i costi, vuole andare a ritirare il premio.
A nulla valgono le spiegazioni della moglie e dei due figli maschi, ormai adulti.
Il minore dei due, però, sta attraversando un momento particolare della sua vita e, all’improvviso, decide di accompagnarlo in macchina fino a destinazione.

mercoledì 5 marzo 2014

StorieReali presenta: INTERVISTA AD ANDREA ZUCCHI

                                "Il confine incandescente tra visibile ed invisibile"


Ritratto di Andrea Zucchi, foto di Antonio De Luca

Nell’ambito della fatale, sotterranea attrazione e ormai accettato ritorno della pittura, le strade percorse sono state principalmente due: quella del recupero e utilizzo di immagini digitali o fotografiche, riproposte in chiave pittorica e quella del disfacimento della forma, espressa in chiave astratta e informale. Indipendentemente dalla consapevolezza generale o dalla libertà individuale, l’anarchia istituzionalizzata e i percorsi alternativi sono ormai una realtà. Uno dei più grandi artisti di oggi, Gerhard Richter, cambia infatti genere e stile ed attinge continuamente dalla Storia dell’Arte: le sue composizioni sono generalmente fotografie, immerse e deturpate dal pigmento del colore.
Per comprendere invece il lavoro artistico di Andrea Zucchi, bisogna partire dalle esclusioni. Lui non è un freddo pittore concettuale, non un è tardo manierista classicheggiante, non è un asettico figurativo pop e neppure un espressionista selvaggio con derive Pulp. Come Alberto Burri, che si schermiva quando lo definivano un artista e voleva essere chiamato pittore, Andrea Zucchi ha sempre privilegiato lo strumento pittorico, che nel tempo si è prestato a diverse interpretazioni, determinate dal libero uso dell’iconografia.